L’uso esclusivo nella dieta di olio di oliva va promosso nei pazienti con sindrome coronarica acuta
Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori coordinati da Kouvari M della Harokopio University di Atene, Grecia. Lo studio ha valutato l’associazione tra consumo di olio d’oliva, utilizzato per cottura o come condimento, e l’incidenza di sindrome coronarica acuta (SCA) in pazienti cardiopatici. Sono stati arruolati dall’ottobre 2003 al settembre 2004, 2.172 pazienti consecutivi affetti da SCA. Durante un follow up di 10 anni con tasso di partecipazione dell’88% (1.918 pazienti) sono stati registrati i nuovi episodi di SCA fatale o non fatale attraverso le cartelle cliniche o dai registri ospedalieri. All’arruolamento ad ogni paziente è stato somministrato un questionario semi-quantitativo sulla frequenza alimentare per valutare l’eventuale aggiunta nella dieta di grassi (ad esempio oli di olio, burro, margarina e di semi di oliva). Un uso non esclusivo di olio d’oliva quotidianamente è stato associato ad un effetto negativo sulla incidenza di SCA dopo aver tenuto conto di vari fattori potenzialmente confondenti [OR = 1,40, IC 95%= 1,05-1,86, P = 0.024]. Inoltre è stata eseguita una valutazione sull’interazione tra il consumo di olio d’oliva e l’indice di massa corporea (BMI) (p = 0,082) e il livello di istruzione (P = 0,054). Utilizzando il BMI (≤ 29.9 contro > 29.9 kg m-2), la suddetta associazione è rimasta significativa solo in pazienti obesi (OR = 1.80, 95% CI = 1,03-3,12, p = 0,038), mentre, esaminando il livello di educazione ( ≤ 9 contro > 9 anni di scuola), una significativa associazione è stata osservata solo tra i pazienti con un’istruzione superiore (OR = 1.83, IC 95% = 1,01-3,32, p = 0,047).